sabato 24 maggio 2008

L'Amico Americano

Si pensa che "Mistery Train", scritto da Greil Marcus nel 1975 e tradotto in Italia da Editori Riuniti nel 2001(!), sia il più bel libro sulla musica pop; per via della lucida identificazione tra il linguaggio del rock, inteso come nuovo soggetto rivoluzionario, e la società americana degli anni Sessanta e Settanta. Marcus è una delle firme più autorevoli della stampa musicale Usa e fa parte della stessa generazione di Robert Christagu, Dave Marsh, Nick Tosches, Richard Meltzer, Peter Guralnick e Lester Bangs. Durante gli anni il lavoro di questi giornalisti, contemporaneamente la parabola di riviste come “Rolling Stone” e “Creem”, ha documentato la nascita e lo sviluppo dell’identità culturale attorno l’utopia della musica giovanile. Intanto in Italia sono stati pubblicati altri testi di Marcus: "Tracce di Rossetto", stampato a suo tempo da Leonardo, dove è sviluppata un’originale relazione tra la rivolta del punk e le avanguardie artistiche del Novecento; "La Repubblica Invisibile", edito da Arcana, che ha come tema l’isolamento deciso da Bob Dylan al termine degli anni Sessanta; e infine “Like A Rolling Stone”, uscito per Donzelli, dedicato alla celebre canzone del cantautore.

Contrariamente le consuetudini del giornalismo di settore, spesso improntate su forme di fanatica ammirazione, l'approccio di Marcus delinea uno stile più maturo ed assegna alla musica rock una prospettiva unitaria: essa non è percepita come un’espressione di controcultura, ma come una componente della cultura Usa. E' questa l’analisi più interessante recata dal critico e viene messa a punto in maniera sublime e non priva di sapienza poetica nelle pagine di "Mistery Train", attraverso dei saggi che hanno per protagonisti alcuni importanti interpreti della musica popolare. Nelle intenzioni di Marcus essi sono stati scelti non solo per meriti artistici; ma anche per le ripercussioni che hanno provocato con il loro lavoro, avendo creato quella dimensione culturale in cui si rispecchia e si rinnova, secondo la tesi del libro, l'identità di un'intera nazione.

Leggiamo così dello straordinario impatto di Elvis Presley; delle rivendicazioni razziali di Sly Stone, che chiudono il cerchio rispetto la solitudine patita all'inizio del secolo da Robert Johnson e stemperata negli acquarelli evangelici delle sue dolorose ballate; dell’avventura di The Band nel cuore di tenebra della tradizione rurale; infine della zona di libertà di Randy Newman. Da Melville a Jerry Lee Lewis, Marcus ci ricorda che gli americani hanno sempre cercato, e nel cercare hanno saputo creare. Le parole di "Mistery Train" provocano una risonanza seducente e risuonano in una dimensione di struggente immaginazione, ma sono rivolte al passato. Esse toccano l'America del mito, il paesaggio, la tradizione orale, trasmettendo tuttavia un senso di perdita. Solo al termine della lettura si prende coscienza che il libro è superato. Non perché nel frattempo si sia verificato un cambiamento all’interno della cultura di questa musica, bensì perché ne è accaduto il termine.


Busca: Viene spesso in Italia?

Marcus: Vengo in Italia dal 1961.

Busca: Il suo primo incontro con la musica?

Marcus: Sono nato a San Francisco nel 1945 e sono cresciuto nei sobborghi della città. Non avevo mai avuto un interesse particolare per la musica fino all’arrivo del rock & roll, nel 1955, e da quello che veniva trasmesso alla radio. Anch’io, così come gli altri, ero scioccato e confuso; e poi improvvisamente entusiasmato da Little Richard, Elvis Presley, Chuck Berry, e dalle voci nuove e sorprendenti che apparivano e sparivano da una settimana all’altra. Passavamo tantissimo tempo a parlare dei dischi, a discutere su quale fosse il preferito, e mandare in giro chiacchiere: Brenda Lee si spacciava davvero per una bianca? Durante i balli delle superiori gli studenti si alzavano e cantavano "Earth Angel" e altri hit. Era un mondo pieno di divertimento, sorpresa e eccitazioni. Ma tutto questo si era incominciato ad attenuare già dal 1958; e durante le superiori, spesso, ero talmente disgustato da quanto era diventata monotona, imitativa, soft e stupida la Top 40 Radio che passavo dei mesi senza ascoltarla. I primi anni Sessanta sono passati alla ricerca di una stazione radio che trasmettesse qualcosa di decente; e prima del 1963 e l’arrivo della Motown questa ricerca è stata parecchio difficile.

Busca: Cominciò subito a comprare dischi?

Marcus: Quando avevo dieci anni compravo i singoli. Il primo disco che ho acquistato è stato "All Shook Up" di Elvis, perché volevo contribuire a tenerlo al primo posto delle classifiche locali; e sembrava che "School Day" di Chuck Berry stesse per prendere il primo posto la settimana seguente, e infatti fu così. Comperare un disco era come votare in un’elezione. Ma tra le persone che io conoscevo, il fatto di acquistare dischi era una cosa da ragazze! I ragazzi ascoltavano la radio o andavano al negozio di dischi e ascoltavano i dischi nelle cabine d’ascolto, dove si poteva ascoltare qualsiasi cosa prima di decidere se acquistarla o no. Ma non compravamo mai nulla! In seguito, ho scoperto che Steve Buckingham, un grande nuotatore della mia scuola, la Menlo-Atherton, aveva una collezione enorme di singoli rock & roll che regalò poi al fratello più piccolo Lindsey, che frequentò anche lui la stessa scuola anni dopo che io avevo finito. Lindsey successivamente divenne una star con i Fleetwood Mac.


Busca: C'era qualcuno che apprezzava più degli altri?

Marcus: A nessuno piaceva tutto. Io volevo essere sorpreso, volevo scoprire qualcosa di nuovo. Letteralmente: volevo che mi si aprisse un'altra porta. Mi piaceva soprattutto Elvis; ma mi piaceva altrettanto Jimmy Soul con la sua "If You Want To Be Happy", però in maniera diversa.


Busca: Ascoltava anche il blues e il jazz?

Marcus: Non ascoltavo mai il jazz e continuo a non farlo; mi piace "Jack Johnson" di Miles Davis. Ho scoperto il blues seriamente dopo il concerto di Altamont del 1969; quando la violenza e l’egoismo di quel giorno sembravano rappresentare tutto ciò che era diventato il rock & roll e io non sopportavo più ascoltarlo. Un giorno ho trovato l’album di Robert Johnson "King of the Delta Blues" e l’ho acquistato perché una delle canzoni si trovava anche su un album di Cream. Quell’album non mi aprì solo una porta ma bensì un intero paese, e dopo di quello divenni un ascoltatore ossessionato di blues. Per me è il massimo in profondità e forza.


Busca: Si rendeva conto fosse l'inizio di qualcosa o era presto?

Marcus: Considerai il mio primo incontro con il rock & roll come segno di cambiamenti non nella musica, ma bensì nella società. Qualcosa di nuovo era apparso nel mondo e per chissà quale miracolo era per le persone come me, e non per le persone più grandi che sembravano sapere già tutto. Quando i Beatles arrivarono negli USA capì che si trattava dello sviluppo della storia di una generazione. Che era presente un nuovo spirito e che questo avrebbe portato cambiamenti nei modi in cui le persone consideravano le loro vite, il mondo e ciò che si aspettavano da entrambi. Sia con i Beatles che con Bob Dylan c’era definitivamente la sensazione che la musica fosse cambiata; che tutte le regole fossero state eliminate. Nessuno sapeva più cosa significasse la parola ‘musica’. Ma a parte il folk, penso soprattutto al Kingston Trio e poi a Bob Dylan, ancora non compravo dischi; e le cose non cambiarono fino al 1965, quando mia moglie mi diede tutti gli album dei Beatles come regalo di compleanno.


Busca: Ha avuto dei modelli di riferimento?

Marcus: Beh, ci sono diverse risposte a questa domanda. Una prima risposta è che un giorno del 1964 ho messo “Money” dei Beatles per alcuni amici di Washington DC, e cercavo di convincerli di quanto fosse una grande canzone. Avevo 19 anni e ho iniziato a parlare della metafora che potevamo ascoltare nel suono e dicevo: «Vedi qui puoi sentire l’individuo schiacciato dalla macchina della società moderna, e qui puoi sentire la persona che sta cercando di liberarsi dalla fabbrica e che riesce quasi a scappare ma viene ripresa e ricondotta indietro». Insomma continuavo così e mentre parlavo pensavo: deve essere uno scherzo dire queste cose enormi a livello sociale su una canzone. Ma anche se sentivo che era uno scherzo, sentivo anche che era la verità. Quindi quando ho iniziato a scrivere è stato naturale scrivere in quella maniera. L’altra cosa è che ho iniziato a scrivere della musica dopo aver avuto una meravigliosa educazione nell’università della California e avevo letto molti tipi di libri tremendamente intriganti per me. E poi mi trovavo alla graduate school, a studiare per il master e mi annoiavo. Quando ero all’università, i professori volevano ispirare i propri studenti; ma quando questi si laureavano e si preparavano per il master, li volevano “addestrare”. Quindi era completamente diverso ed io ho iniziato ad integrarmi senza provarci o volerlo, perché era la cosa naturale da fare. Le cose che mi colpivano all’università, unite al fascino che provavo per la musica le misi dentro “Mistery Train”. E il risultato è stato un libro di studi americani concepito con molta libertà. Ma non ho voluto fosse un tentativo di aggiungere significato a qualcosa e neppure di trovare il significato in qualcosa. Era solo il modo in cui pensavo. Mi aveva chiesto chi sono stati I miei maestri, se ho avuto delle ispirazioni: Paul McAle e Leslie Feedler, un critico letterario Americano.


Busca: Era consapevole della qualità del libro?

Marcus: Si, sapevo che nessuno stava scrivendo al livello della musica e sapevo che si poteva fare perché altre persone lo facevano in altri ambiti artistici. E non c’era ragione perche non si potesse fare anche nella musica. Voglio dire, potrebbe suonare arrogante o presuntuoso dire sì, io sapevo che era migliore della roba che facevano gli altri. Ma, insomma, l’ho fatto.


Busca: Sembra voler coinvolgere il maggior numero possibile di persone.

Marcus: Giusto. La mia meta, la mia intenzione quando scrivo un libro è che il lettore ideale sia qualcuno non interessato al soggetto, che non sa niente di tutto ciò. Che inciampa sul libro…lo trova in una stanza d’albergo…o c’inciampa per strada, lo raccoglie, inizia a leggere e lo trova interessante. Che ci siano abbastanza informazioni nel libro per permettere a chiunque di entrare nella storia ed esserne intrigato. Ma è inteso… non scrivo mai per persone con una conoscenza specifica. Cerco di scrivere nel modo esattamente opposto, senza pontificare: questo e quanto devi sapere per capirlo! Fornire le informazioni senza sembrare di farlo.


Busca: Immagina l’impatto che i suoi libri possano avere fuori dagli Usa?

Marcus: Sono molto più conosciuto in Europa. Per esempio per “Lipstick Traces” (“Tracce di rossetto”), perché è un libro sull’Europa.


Busca: Quando lo ha scritto pensava all’Europa?

Marcus: No, quando l’ho scritto non avevo altra intenzione che… ho iniziato con l’idea di scrivere un libro sul punk, perché ero stanco del giornalismo e volevo scrivere un altro libro. Non una nobile ambizione. Ed ho deciso che avrei scritto sul punk perché era il 1979/1980 e la roba più interessante che avevo scritto nei pochi anni precedenti era tutta sul punk. Così ho pensato: bene, devo avere qualcosa da dire anche se non so cosa! E poi ho semplicemente iniziato a seguire altre strade; cose di cui altri avevano scritto o detto, suggerito, sul Dada, sui Situazionisti o sugli eretici medievali. Semplicemente sono andato da una cosa all’altra e ho passato tre o quattro anni facendo ricerche, solo leggendo, senza idea alcuna di quale forma o motivo il libro avrebbe preso. È cresciuto fuori da una serie di ossessioni ed in parte viaggiando in tutta Europa; cercando documenti che potevano essere trovati solo in appartamenti privati, roba che non era mai stata raccolta né pubblicata e che dunque non era assolutamente disponibile. Ma che io dovevo avere e che alla fine ho trovato. Effettivamente non c’era altra meta in mente che finirlo. Sai, una volta che ne ero dentro dovevo cercare un modo di uscirne. Lei sa che “Like a Rolling Stone” è stato scritto in un mese. Mentre “Tracce di Rossetto” ha preso 9 anni. Quindi sono diversi. Io capivo tutto ciò di cui parlava quello su Dylan prima di iniziare a scriverlo; non voglio dire che capivo ogni idea che avrei avuto ma capivo il contesto sociale, capivo chi era Bob Dylan e non avevo bisogno di imparare quelle cose. Con “Tracce di Rossetto” non capivo quasi nulla quando ho iniziato a scrivere. Non capivo chi fossero gli artisti europei dell’avant-garde. Per un americano le loro idee sono molto lontane e difficili da comprendere: ci ho messo molto tempo.


Busca: Negli Usa ci furono state reazione controverse al libro.

Marcus: Mettiamola cosi, quasi tutte le critiche che ho ricevuto all’inizio negli Stati Uniti non erano semplicemente negative. Erano più che negative. Erano arrabbiate o disgustate: erano offese. Ma le persone che lo hanno letto ne hanno parlato ai loro amici dicendo: lo devi leggere. Voglio dire, le mie figlie nel 1989 avevano 20 e 17 anni e hanno entrambe letto “Lipstick Traces”. Un giorno all’università sono stato avvicinato da una donna, aveva sui 23 anni e mi ha detto: Quando ho finito di leggere questo libro volevo tingermi i capelli di tutti i colori della copertina! Ho pensato che fosse il miglior complimento che potessi ricevere. Quindi il libro ha ricevuto una reazione ufficiale molto ostile ma una crescente reazione reale.


Busca: Dylan è al centro della sua ricerca…

Marcus: Beh, l’editore che negli Usa ha pubblicato il libro sulla canzone di Dylan vorrebbe che io scrivessi un altro libro su un’altra canzone, o su un film, un discorso, un palazzo, qualsiasi qualcosa. A me piacerebbe perché questo è stato molto divertente, ma ancora non ho pensato a niente.

Busca: Cosa ne pensa dell’autobiografia di Dylan?

Marcus: Mi ha impressionato, e leggendola mi sono tornati alla mente i libri degli autori classici americani, come Melville o Faulkner. La cura con la quale il libro è stato scritto, nonostante l’apparente semplicità, è tipica di un grande scrittore.


Busca: Come valuta il lavoro di Ashley Khan?

Marcus: Lavoriamo allo stesso modo; anch’io inizio con qualcosa di piccolo e continuo a spingerci sopra finché si muove in altre direzioni e si connette ad altre cose. Non inizio mai con un grande contesto per poi localizzare un buon esempio che parli per quel contesto: faccio esattamente l’opposto. Non so, dipende se stai scrivendo un intero libro su un manufatto estetico o su un evento, dipende se rimani strettamente nell’estetica e scrivi, faccio per dire, di come è avvenuta la nascita del cool jazz, se di questo tratta il libro su Miles Davis di Ashley Khan. O di come fu fatto “Jack Johnson” o qualcosa di simile, o ancora se scrivi in termini più sociali.


Busca: Perché il libro è dedicato alla radio?

Marcus: Ho cercato di pensare a chi dedicare questo libro e ho pensato a molte persone diverse ma nessuno mi ha colpito, non sembrava giusto. Poi mi è venuto in mente che avrei dovuto dedicarlo alla radio perché la radio è dove io ascoltavo “Like a Rolling Stone”; è alla radio dove lo avevo sempre ascoltato e quindi è stata sempre la radio a darmi quella canzone. Ed e stato soltanto un ringraziamento. Lo stato della radio oggi negli Stati Uniti non va bene perché solo un paio di compagnie controllano quasi tutte le stazioni radiofoniche e questo non va mai bene. La maggior parte delle stazioni vengono programmate mesi in anticipo dai computer, perciò le uniche stazioni radio abbastanza interessanti sono quelle dei college, ma anche queste stanno diventando sempre più professionali. Per esempio, mia figlia minore è stata una DJ alla stazione radio dell’Università del Minnesota per circa dieci anni. Il suo turno era dalle sei alle nove di domenica mattina; l’orario meno ascoltato dalla stazione, perché la domenica mattina nessuno si alza presto, nessuno ascolta. Quindi lei era libera di mettere quello che voleva, mentre gli altri DJ della radio avevano una lista dalla quale scegliere i dischi. Dunque anche queste stazioni stanno diventando sempre più controllate. E hai meno possibilità di ascoltare per radio qualcosa di sorprendente rispetto a qualche anno fa.


Busca: La musica leggera può ancora esprimere dei messaggi?

Marcus: Non sappiamo cosa succederà. Una situazione può sembrare monolitica a noi, e non intendo includere voi; diciamo soltanto a me, perché ho un’immaginazione limitata e quindi non riesco ad intuire niente che sia davvero diverso dal modo in cui le cose sono adesso. Ha presente quando qualcuno pubblica le previsioni del futuro, in realtà sono soltanto le sottili esagerazioni del presente, non sono fondamentalmente diverse. E quindi nel 1976 nessuno avrebbe detto che avremmo visto migliaia di persone in tutto il mondo che avrebbero formato gruppi musicali per dire che tutto doveva essere reinventato da capo; evitando le quattro o cinque maggiori case discografiche che sembravano controllare tutto e semplicemente scavalcandole. Nessuno lo avrebbe predetto, ma è successo. Oppure è sciocco dire che nessuno l’avrebbe predetto, perché ovviamente alcune persone hanno lavorato duramente per farlo succedere. Io non l’avrei predetto, molte persone non l’avrebbero predetto. Sono un grande credente. La cosa peggiore che si possa dire ad un’altra persona è che non c’è niente di nuovo sotto al sole: questo è soltanto perché non sei stato abbastanza fuori al sole.


Vittorio Castelnuovo

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